Da molte parti si attendeva nel Decreto Rilancio qualche serio incentivo a favorire la ricapitalizzazione del sistema italiano di produzione e servizi, un tema che da tempo è identificato come uno dei fattori di debolezza della nostra economia, e della sua incapacità di affrontare adeguatamente necessità di investimenti e shock esterni.

Analizziamo ora quanto è previsto a questo fine nel cd. Decreto Rilancio, e in particolare al suo articolo 26 dedicato all’universo delle piccole e medie imprese, con fatturato tra 5 e 50 milioni di euro.

“L’articolo 26 prevede, per le società per azioni, le società a responsabilità limitata e le società cooperative (escluse quelle che operano nel settore bancario, finanziario o assicurativo), aventi sede legale in Italia, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese, con fatturato fra i 5 e i 50 milioni, che per l’emergenza sanitaria abbiano perso complessivamente nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, almeno il 33% del fatturato, che abbiano deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del presente decreto ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento, integralmente versato, il diritto ad un credito d’imposta pari al 20 per cento per i conferimenti in denaro effettuati per l’aumento del capitale sociale di una o più società. L’investimento massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta non può eccedere euro 2.000.000.

La partecipazione riveniente dal conferimento deve essere posseduta fino al 31 dicembre 2023. Alle stesse società è riconosciuto, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020, un credito d’imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale e comunque nei limiti previsti dal decreto (con un tetto massimo di 800.000 euro).

Tuttavia, in caso di distribuzione di riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024 da parte della società oggetto del conferimento in denaro comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo del contribuente di restituire l’ammontare detratto, unitamente agli interessi legali. Lo stesso articolo prevede anche istituzione di un fondo denominato «Fondo Patrimonio PMI"», la cui gestione sarà affidata a INVITALIA, finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020, strumenti finanziari partecipativi emessi dalle società, che soddisfano determinate condizioni previste dalla norma.” (sintesi fornita da una nota di Confindustria Emilia area Centro)

Insomma, una specie di slalom tra svariate condizioni, impegni, limitazioni che rende l’incentivo applicabile solo in particolari condizioni e che non appare quindi in grado di avvantaggiare significativamente una estesa platea di soggetti. Tra queste, i limiti di fatturato (da 5 a 50 milioni, ma da 10 per usufruire dei titoli di debito), la necessità di avere subito una perdita di fatturato di oltre il 30% nel bimestre marzo-aprile, la non ammissibilità al credito di imposta per le società in controllo, la presenza di perite di bilancio per importi compresi tra il 10 e il 30% del patrimonio netto, il limite complessivo degli interventi posto a ottocento mila euro.

Però a leggere con attenzione la norma vi sono due situazioni in cui l’articolo 28 può costituire un efficace incentivo al rafforzamento patrimoniale dell’azienda:

-          Il caso della ricapitalizzazione da parte del socio (persona fisica) di una piccola azienda che ha sofferto perdite per nell’emergenza: in questo caso, infatti, in presenza di un aumento di capitale per cassa di importo anche limitato ma superiore a 250 mila euro, possono essere movimentate risorse vicine al milione di euro. Facciamo un esempio teorico, una società con fatturato 20 milioni, patrimonio netto 2 milioni, perdite di esercizio 500 mila che deliberi un aumento di capitale per euro 250 mila. In questo caso il socio riceve credito di imposta (euro 50 mila), la società un credito di imposta per perdite di 150 mila, e può accedere a risorse in forma di titoli di debito a sei anni da Invitalia per un ammontare fino a seicentomila euro – totale risorse movimentate comprensive dell’aumento di capitale euro un milione e cinquanta mila.

-          Un caso analogo è costituito dall’intervento in aumento di capitale del concorrente che supporta e/assorbe l’azienda in difficoltà per la crisi. Anche in questo caso valgono gli stessi conteggi sopra esposti, con in più in alcuni casi la possibilità di usufruire del cosiddetto Bonus Aggregazioni introdotto nel 2019.

Per chi volesse approfittare dell’incentivo, i termini temporali sono stringenti: l’aumento di capitale va infatti eseguito entro il 31 dicembre 2020. Resta ancora un’incognita sulle modalità con cui verranno concretamente gestite l’erogazione e anche la contabilizzazione dei titoli di debito previsti dal decreto – strumenti su cui si discute possano andare a far parte del patrimonio netto.

Successivamente, non appena disponibili qualche informazione e interpretazione in più, si affronterà il caso degli interventi previsti per le imprese al di sopra dei 50 milioni di euro di fatturato, affidati al cd. “Patrimonio Rilancio” della CDP.

21.05.2020

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